L’Agente della morte, tramite la mia intelligenza, coinvolge
la mia volontà, e la convince.
la mia volontà, e la convince.
Le sintesi già formulate sono due:
- A ogni tocco, il mio sentire.
- A ogni sentire, il mio agire.
L’Agente della morte mi costringe a farlo, insieme con
Lui. Ma non solo per istinto come avviene per la prima
azione, ma anche per razionalità e per volontà. L’Agente
della morte coinvolge prima la mia intelligenza: da schiavo
quiescente si sveglia ad ogni sentire e si avvia al suo
lavoro. Lo fa quando la cosa o la persona piacevole non è
subito prendibile; lo fa quando la persona nemica non è
subito eliminabile. Il suo lavoro è eccellente, non conosce
mai stanchezza; lo fa gioiosamente per il piacere che
l’Agente le passa, e per la mira del godimento a presa o ad
eliminazione avvenute. Uno schiavo che ama con passione
il suo lavoro di schiavo. Facile anche comprendere che
l’intelligenza qui ha una sua crescita. E il suo impiego
pure va a ritmo crescente; cresce dunque la sua applicazione.
Nel bambino, il meccanismo funziona più istintivamente
che razionalmente; nella persona adulta funziona
più razionalmente che istintivamente. La mia intelligenza
per fare ciò che vede però ha assoluto bisogno della volontà.
Sono, queste, due facoltà una radicata nell’altra; intimamente
unite, e strettamente indipendenti. Si può volere
solo quello che in prima si è conosciuto.
Pertanto, la mia intelligenza influisce direttamente sulla
mia volontà. Lo fa con la conoscenza. Più la conoscenza è
piena, è chiara, è profonda, acuta, e più influisce sulla mia
volontà. L’intelligenza influisce sulla volontà per avere
consenso e concorso.
La mia intelligenza non può acconsentire né rifiutare: questa
azione spetta unicamente alla mia volontà. Lavorano
dunque una per l’altra, vicendevolmente: la prima per la
seconda, e la seconda per la prima.
La volontà si sveglia al tocco della conoscenza.
Svegliandola, la chiama; chiamata, la attrae; attratta, se la
unisce; unita, se la lega, e quando è brava se la lega anche
indissolubilmente. Allora diciamo che l’intelligenza ha
convinto la mia volontà, e se la sposa. Convincere vuol
proprio dire: ‘vincio-cum’: vincere con: è l’intelligenza
che si lega la volontà.
Quando l’intelligenza ha convinto la volontà, ambedue
così legate insieme compongono una coscienza: che è
sempre una conoscenza convinta: che si è collegata, si è
assicurata la volontà, il volere; e quindi l’agire. È l’operazione
più difficile, che nel meccanismo automatico avviene
sempre e stupendamente bene. Èanche l’arte degli educatori
del bene: riuscire ad attrarre la volontà della persona
che vogliono educare. Dio in questo senso è espertissimo;
e più abbiamo di Dio, più siamo liberi nell’educare.
Dio, infatti, affascina facendo il piccolo; e così, un educatore
affascina facendo il piccolo. Ma, su questo punto, ci
ritorneremo presto.- A ogni tocco, il mio sentire.
- A ogni sentire, il mio agire.
L’Agente della morte mi costringe a farlo, insieme con
Lui. Ma non solo per istinto come avviene per la prima
azione, ma anche per razionalità e per volontà. L’Agente
della morte coinvolge prima la mia intelligenza: da schiavo
quiescente si sveglia ad ogni sentire e si avvia al suo
lavoro. Lo fa quando la cosa o la persona piacevole non è
subito prendibile; lo fa quando la persona nemica non è
subito eliminabile. Il suo lavoro è eccellente, non conosce
mai stanchezza; lo fa gioiosamente per il piacere che
l’Agente le passa, e per la mira del godimento a presa o ad
eliminazione avvenute. Uno schiavo che ama con passione
il suo lavoro di schiavo. Facile anche comprendere che
l’intelligenza qui ha una sua crescita. E il suo impiego
pure va a ritmo crescente; cresce dunque la sua applicazione.
Nel bambino, il meccanismo funziona più istintivamente
che razionalmente; nella persona adulta funziona
più razionalmente che istintivamente. La mia intelligenza
per fare ciò che vede però ha assoluto bisogno della volontà.
Sono, queste, due facoltà una radicata nell’altra; intimamente
unite, e strettamente indipendenti. Si può volere
solo quello che in prima si è conosciuto.
Pertanto, la mia intelligenza influisce direttamente sulla
mia volontà. Lo fa con la conoscenza. Più la conoscenza è
piena, è chiara, è profonda, acuta, e più influisce sulla mia
volontà. L’intelligenza influisce sulla volontà per avere
consenso e concorso.
La mia intelligenza non può acconsentire né rifiutare: questa
azione spetta unicamente alla mia volontà. Lavorano
dunque una per l’altra, vicendevolmente: la prima per la
seconda, e la seconda per la prima.
La volontà si sveglia al tocco della conoscenza.
Svegliandola, la chiama; chiamata, la attrae; attratta, se la
unisce; unita, se la lega, e quando è brava se la lega anche
indissolubilmente. Allora diciamo che l’intelligenza ha
convinto la mia volontà, e se la sposa. Convincere vuol
proprio dire: ‘vincio-cum’: vincere con: è l’intelligenza
che si lega la volontà.
Quando l’intelligenza ha convinto la volontà, ambedue
così legate insieme compongono una coscienza: che è
sempre una conoscenza convinta: che si è collegata, si è
assicurata la volontà, il volere; e quindi l’agire. È l’operazione
più difficile, che nel meccanismo automatico avviene
sempre e stupendamente bene. Èanche l’arte degli educatori
del bene: riuscire ad attrarre la volontà della persona
che vogliono educare. Dio in questo senso è espertissimo;
e più abbiamo di Dio, più siamo liberi nell’educare.
Dio, infatti, affascina facendo il piccolo; e così, un educatore
affascina facendo il piccolo. Ma, su questo punto, ci