Introduzione


Alcune considerazioni di fondo prima di affrontare il tutto:

a) La visione riflessa allo specchio non è in alternativa,
né tantomeno contraria alla visione della Teologia già
esistente.
La mia immagine allo specchio: non è la stessa, ma
integra il punto di vista della realtà. Inoltre, non è
necessaria: si vive lo stesso anche se non ci si specchia.

È un aiuto, un accessorio, in parallelo alla realtà,
quindi. Se mi specchio, posso vedere cose che su di me
non vedrei nella realtà. È, insomma, un’altra opportunità
rispetto a ciò che già esiste, e che ha in sé già tutto
il fondamento e il necessario. Una Teologia, questa,
non alternativa, ma complementare: un altro punto di
vista della stessa realtà.
 
b) Mentre la Teologia punta e mira all’alto, si noterà che
la PneumaTelogia punta maggiormente al basso,
all’’humus’ della persona che, specchiandosi, si rivela
a se stessa in un modo nuovo.
Questa visione che appare di me stesso allo specchio
pneumatico (spirituale) è la sottolineatura che sempre
si ripresenterà lungo il percorso.
Il tutto fluirà comunque verso l’alto, come tendendo un
elastico verso il basso.
 
c) La semplice lettura curiosa e frettolosa del testo produrrà,
ad effetto collaterale, nausea, vomito, mal di
testa e dolori articolari vari pneumatici. Si consiglia
quindi la somministrazione del testo a dosi giornaliere
(per questo ci può essere di aiuto la suddivisione numerica
dei passaggi), lontano dai pasti, e adeguate alla
naturalità del carattere della persona. Evitare comunque,
in ogni caso, un contatto prolungato con il testo.
Tenere il testo fuori dalla portata dei bambini: a loro,
intanto, non serve.

d) Questa scuola di PneumaTeologia ‘a domicilio’, attraverso
il testo, dovrebbe produrre, come in una
Toilettatura, il riordino del corpo e dell’anima. Con
l’intento e l’augurio quindi che il lettore/studente/studioso/
teologo si ritrovi più bello, ordinato, in forze corporali
e spirituali, buona ‘riflessione’ allo specchio!

La mia situazione...

Non so se ti sei soffermato ora davanti a quel ‘Lui’ che
compare in apertura del tema. Desidererei che tu lo faccia,
e che in quel ‘Lui’ tu ci metta il nome di persona che ci va.
Occorre allora chiedersi: ‘Lui’, ma chi è? Chi sarà mai
colui che mi ha confezionato?. Sono quasi certo che tu starai
ora pensando a Dio che ti ha creato. Forse, in questo
attimo, sono da solo io a pensare diversamente. Se è Dio
che mi conosce in confezione, tutto quello che sono e che
faccio ha la completa approvazione. E allora diciamo: sì,
Lui mi ha fatto su così!. E si vanno così scaricando su di
Lui anche gli eventuali mali, che andiamo palesando nel
nostro fare. Sta di fatto, però, che io in quel ‘Lui’ ci vedo
una persona angelica fattasi demoniaca: ci vedo ‘Satana’.
‘Lui’ mi conosce in confezione: cioè è Lui che mi ha confezionato
in questo modo. Intendiamoci subito, però: la
sua non è la mia totale confezione: quella, l’ho avuta in
parte dai miei genitori, e precisamente il mio corpo animato;
in parte dallo Pneuma Paterno(*), e precisamente lo
spirito Spiritato(#). E la congiunzione di questi due elementi
mi ha fatto essere quello che cominciai ad essere.

(*) Lo Spirito Santo (Pneuma) unito al Padre (Paterno)
(#) La mia anima (spirito) spiritualizzata (Spiritato) dallo
Spirito Santo

Quella di Satana è quindi una seconda confezione, è una
ri-confezione.
[Satana conosce anche Gesù, ma in un modo diverso. Parla di
Gesù sfacciatamente, nella speranza di creargli delle difficoltà, ma
Gesù gli impone severamente di tacere: ‘Taci!’. Gesù – ci riferisce
il Vangelo – non permetteva ai demoni di parlare, perché lo
conoscevano. La conoscenza di sé voleva dosarla Lui, personalmente.
E la gente – dice ancora il Vangelo – rimane meravigliata:
‘comanda loro, ed essi gli obbediscono’. Anche noi, come la gente
di allora, forse non conosciamo più chi siano questi demoni. Gesù
ha passato alla sua Chiesa una certa conoscenza di Satana. La
indicherei come una conoscenza puramente esteriore, esterna.
Riguardo a Lui: è il nemico di Dio, e da Lui condannato al fuoco
eterno. Riguardo a noi: Lui è il nostro tentatore al male del peccato.
Satana, ai nostri giorni, ha ottenuto un risultato da sempre agognato:
è riuscito a farsi dimenticare, a non lasciarsi più dire: l’ho
ottenuto dalla Chiesa Cristiana. Di Lui, oggi, non si fa più parola,
se non isolatamente. Si educa al bene, sottraendo il male. In effetti,
papa Paolo VI ha cercato di parlarne; ma l’ha fatto solo esteriormente,
e quel ripetere da parte sua le conoscenze del passato
non ha avuto alcun seguito. Satana, in effetti, non vuol lasciarsi
nominare, proprio perché ama il nascondimento completo.]

Satana, dunque, mi ha confezionato. E per farlo ha impiegato
il materiale che in me ha trovato, cioè il mio corpo
animato e il mio spirito Spiritato. Ha sfruttato la mia
anima, il mio spirito, ma soprattutto lo Pneuma Paterno, di
cui io fui battezzato e cresimato nel momento della mia
concezione umana.(*)

(*) Il battesimo e la cresima veri e propri - e non intesi come
sacramenti o cerimonie – sono avvenuti al momento della
mia concezione, quando lo Spirito Santo unito al Padre si è
unito anche a me, facendo così di me un battezzato e un cresimato
secondo lo Pneuma Paterno. Battesimo e Cresima, in
questa ottica, sono strettamente uniti, sono un’unica realtà
sostanziale, poi divisasi nel percorso storico della persona.


Satana mi ha confezionato, seguendo questi passaggi:
1) Gli occorreva un istinto al comando: me lo ricava spezzandomi
la comunione con il Padre.
2) Gli occorreva uno Pneuma Paterno alla mercè dell’istinto,
e lo ottiene infondendogli la forma dell’istinto:
me lo ha cioè istintivizzato.
3) Gli occorreva uno Pneuma Paterno trasformato in
morte dentro di me: me lo ha egoisticizzato e quindi
infernalizzato: ecco che qui c’è morte e agente della
morte. Il Padre muore in me, e lo Pneuma è l’agente
(che fa agire) di questo morire.
4) Gli occorreva il mio spirito al servizio totale di questo
Pneuma Paterno così ridotto, e alla mercè dell’istinto:
me lo ha schiavizzato.
Il tutto, in una perfetta comunione, e per tutta la mia vita
presente.

I passaggi...

I passaggi dall’essere al fare e al diventare me li fa essere
ammalati: me li fa andare sempre e tutti quanti verso la morte.

‘Lui’ che mi conosce, è dunque lo spirito di Satana; mi
conosce – dicevamo – perché Lui mi ha riconfezionato.
Mi ha riconfezionato sfruttando quello che io ho avuto
dalla mia umana e divina concezione.
Dalla concezione umana mi è venuto un corpo animato, da
quella divina Paterna uno spirito umano battezzato (e cresimato)
del Paterno: ecco il mio spirito Spiritato. Il tutto
posto dall’Agente (lo Pneuma: che fa agire) in comunione
perfetta, affinché io vivessi dello spirito di amore del
Padre. Satana ha sfruttato questo mio battesimo Paterno
cresimato. Lo ha sfruttato così: scomponendo ed alterando
le sue parti.
1) Spezzata la comunione tra corpo animato e spirito
Spiritato, ne ricava l’istinto, e me lo pone al comando.
2) L’istinto ha una sua forma: e Lui la impone sia all’amore
Paterno, che al suo Agente (Pneuma): me li ha così
istintivizzati.
3) Lo spirito di amore del Padre me lo blocca, e in direzione
mia, senza più alcuna possibilità di risalita al
Padre. Il blocco dell’amore è la sua morte; ed è una
morte viva: cioè una morte che non muore, perché non
si tratta della morte di un corpo moralizzato, ma di uno
spirito divino, quello del Padre. E così, me lo ha egoisticizzato
(bloccandolo a me).
4) Del mio spirito ne fa uno schiavo fedelissimo sia
all’Agente della morte che all’istinto.
Queste quattro componenti possono formare un meccanismo
perfetto e funzionare armonicamente solamente se
collegate in modo che una muova l’altra in questo ordine
di successione: istinto, amore Paterno, Agente dell’amore,
spirito umano. Satana me le ricollega unendole in comunione
perfetta, in modo che l’una muova l’altra per induzione:
cioè una aziona l’altra.
E le quattro componenti lavorano tutte per un solo scopo:
far passare la morte viva dell’amore dall’essere al fare, in
modo da produrre in continuità un fare istintivo di amore
per me e di odio (che è il risvolto dell’amore per me), che
vada a confluire nel mio diventare. Con quello che faccio
mi io faccio su (mi confeziono), e quindi divento. Sono
quindi due i passaggi che tracciano e segnano il cammino
della morte dell’amore:
- dall’essere al fare,
- dal fare al diventare.
Poiché la morte dell’amore avviene seguendo un cammino,
ecco che io mi posso definire: ammalato nell’amore.
Ammalato: è uno che va verso il male della morte.
Morte fisica o pneumatica (spirituale).

[Prendiamo in esame la figura del lebbroso. La lebbra fu considerata
come il male fisico che meglio ci parla di quel male
pneumatico chiamato: il peccato. Come il corpo di un lebbroso
va verso la morte per successione di marcescenza delle sue
parti, così l’amore va alla morte per atti successivi. Per questo
si è parlato della lebbra del peccato.
Ma ai nostri giorni il Padre ci porge un segno più eloquente: la
droga. Il drogarsi infatti è il piacere della morte fisica lenta e
progressiva.]

Io mi definisco e mi sento dunque un ammalato nell’amore.
Una malattia pneumatica, questa, che percepisco alla
pari di quella fisica, anzi più ancora.
Il meccanismo che la produce, installato in me, è predisposto
in ogni sua parte; è pronto a funzionare: non gli
manca né energia, né avviamento.
1) Per la parte umana: l’istinto e lo spirito umano.
L’energia è data dunque da quella forza totalmente
cieca, ma in compenso esplosiva, potentissima, infallibile
in tutto, e che è la forza dell’istinto.
2) Per la parte divina: la morte viva dell’amore del Padre
è data dalla potenza del suo Agente (lo Pneuma) cui
Satana ha imposto le qualità proprie dell’istinto.
Non gli manca neppure l’avviamento. Un avviamento che va
in ripetizione continua. Il meccanismo funziona ad ogni tocco
che proviene dal mondo esterno. Tutto mi tocca: le cose, e
ancor di più le persone. Ogni tocco mette in funzione un meccanismo
che mi darà sempre e soltanto un prodotto: la morte
(viva) dell’amore che si accumula con l’uomo che diventa.
Questo meccanismo in funzione mi ha fatto conoscere ‘Lui’:
Satana. Posso proprio dire che io lo conosco in funzione, attraverso
questo meccanismo. (Vedi il titolo al passaggio 1)

Il funzionamento del meccanismo...

Il funzionamento del meccanismo automatico.
Passaggi distinti, percorso sicuro, approdo garantito,
accoglienza generosa (o totale). Tre schiavi al comando di
uno solo. Il cammino dei tocchi esterni: dalla periferia al
centro dell’uomo.
Dio: è Lui all’inizio che mi ha confezionato. Satana mi ha
riconfezionato, sfruttando il mio battesimo Paterno e la
mia cresima Pneumatica.
1) Spezza la comunione esistente, e ne ricava l’istinto al
comando.
2) Impone all’amore Paterno e al suo Agente la forma propria
dell’istinto.
3) Mi blocca in direzione mia l’amore Paterno: ed è la sua
morte viva; e l’Agente lo sarà della morte dell’amore.
4) Il mio spirito è posto in schiavitù totale.
Le componenti del nuovo meccanismo si collocano così in
questo ordine (dall’alto verso il basso): l’istinto, lo spirito
di amore del Padre, il suo Agente, il mio spirito; con una
nuova comunione Satana le unisce in armonia perfetta, in
modo che l’una muova l’altra, e così concordemente concorrono
tutte e quattro a far compiere un cammino (di me
ammalato) verso la morte dell’amore: dall’essere, al fare,
al diventare. Così l’amore Paterno va alla sua morte insieme
alla persona che diventa.
Il meccanismo dispone di una energia umana: è l’istinto; e
di una divina: è l’Agente della morte dell’amore. Il meccanismo
è predisposto in ogni sua parte, ed è pertanto
pronto a funzionare. Siamo alla accensione (avviamento)
del meccanismo. Ci pensano le cose e le persone che,
ponendosi davanti a me, mi toccano continuamente.
1) I loro tocchi sono passaggi distinti. Disponiamo di vari
sensi; i più impegnati sono sicuramente la vista e l’udito;
molto meno, invece, il tatto, il gusto, l’odorato.
Consideriamo soprattutto la vista e l’udito. Le immagini
vanno alla vista; le parole vanno all’udito. I due sensi
– vista e udito – hanno il compito di ricevere i tocchi, e
poi di trasmetterli. Nessun tocco si ferma in essi, ma
con velocità somma vengono trasmessi al centro della
persona.
2) Il percorso è lineare: nessun tocco subisce ritardo o
dispersione. Con ordine perfetto viaggiano rispettando
la precedenza nel tempo: non uno scarta l’altro, non
uno supera l’altro, non uno spinge l’altro, non uno butta
fuori pista l’altro.
Vanno tutti a formare un traffico intensissimo, ma mai
caotico. Occorre riconoscere che ai nostri giorni la sua
intensità va crescendo in un modo esagerato.
E questa è una enorme differenza tra ieri e oggi. Ieri, un
traffico meno intenso, e con i tocchi che si svolgevano
col ritmo delle cose naturali; oggi, un traffico dalla
intensità esagerata, anche perché i ritmi vengono accelerati
da tutta una rete di mezzi di comunicazione sociale
– i cosiddetti ‘mass-media’ – che non danno più riposo
ai nostri sensi. Essi infatti sono sotto uno stimolo
incessante; e questo, si attua più che mai nelle nuove
generazioni.
3) Poiché il percorso è sicuro, l’approdo è sempre garantito.
I tocchi dove approdano?. Tutti quanti raggiungono
il centro della persona. Non è il centro fisico: quello
non c’entra. Vanno tutti al centro pneumatico. Gesù,
nel Vangelo, lo chiama ‘il cuore dell’uomo’, da cui esce
tutto quanto il suo male - ed è vero. Siccome il cuore
della persona riceve tutti i tocchi, lo possiamo anche
chiamare, a questo punto, ‘stazione vivente’. Centro,
cuore, stazione: di che cosa sono fatti?. È un centro
pneumatico: è formato dallo spirito di amore del Padre
con il suo Agente, ambedue dalla forma istintiva, e
entrambi egoisticizzati.
4) L’accoglienza dei tocchi è la garanzia dell’automatismo
di quel centro pneumatico. Esso infatti accoglie
tutto, subito, sempre e bene ogni arrivo dei tocchi esterni.
Noi siamo tentati dai tocchi esterni.
Come noi, così anche Gesù; soltanto che Gesù li blocca
al di fuori e li respinge; in noi, invece, essi hanno un
percorso facilissimo. Lo hanno sia i tocchi necessari:
quelli legati al vivere e all’operare, ma ancor di più
quelli non necessari, che hanno una potenza eccezionale.
Il compito del cristiano è di controllare i necessari,
ed eliminare i voluttuosi


Il mio sentire...

Il mio sentire.
Ad ogni tocco il mio sentire di piacere o di dispiacere.
Il sentire è proprio dell’amore. Il mio sentire è il mio
primo peccare.
Il meccanismo automatico infernale che Satana mi ha confezionato,
sfruttando il mio iniziale battesimo Paterno e la
mia iniziale cresima Pneumatica, e ricavandone l’istinto al
comando, al quale sottostanno la morte viva dell’amore
Paterno, l’Agente della morte e il mio spirito in docilissima
schiavitù, ha così il suo avviamento, ed è a ripetizione
continua e progressiva.
L’avviamento lo ottiene dalle cose e dalle persone che mi
toccano. I loro tocchi ottengono passaggi distinti, hanno
un percorso sicuro, hanno un approdo garantito e una
accettazione totale. Dove?. Tutti i tocchi confluiscono al
centro pneumatico della persona.
Questo centro si compone dello spirito di amore del Padre
e del suo Agente, ambedue informati dall’istinto e bloccati
nell’amore in direzione mia. Istintivizzati ed egoisticizzati
entrambi.
L’accoglienza che l’amore Paterno offre ad ogni tocco non
ha nulla di paragonabile con quella che noi possiamo dare
a una persona. Supponendo infatti anche un’accoglienza
sincera, due persone si affiancano solamente: una si pone
a fianco dell’altra.
È vero che noi operiamo una vicendevole penetrazione spirituale,
che quando è piacevole e vicendevole si trasforma in
comunione. Ma pure in una comunione cordiale non c’è mai
funzione insolubile, tant’è vero che ogni comunione acci-
dentale va, prima o poi, al suo esaurimento. L’accoglienza
Paterna è totalmente diversa. I tocchi non solo ottengono
piena accoglienza, ma viene loro concessa una totale immersione.
I tocchi, cioè, si immergono nello spirito di amore
del Padre. I tocchi sono fra loro, poi, non solo distinti, ma
anche diversi nella loro capacità. Uno può ricevere poco,
un altro di più, un altro ancora di più. Capacità diversa
dunque di assumere da parte dell’amore Paterno. Capacità
recettiva diversa.
In ogni immersione il tocco si carica fino al sommo di
amore Paterno, e si fonde con esso . Nessuno di noi potrà
mai contare i tocchi nella sua vita: un numero che non ha
confini. Ognuno si immerge e si satura.
E non pensiamo all’esaurimento dell’amore Paterno, perché
esso non avverrà mai, per nessuno, nemmeno per le
nuove generazioni, nelle quali i tocchi raggiungono una
intensità sbalorditiva.
L’amore Paterno non solo non toccherà mai l’esaurimento.
Il tocco carico di amore fino al sommo emerge immediatamente
durante il suo sentire.
Ascolto in udito, sento nell’amore. Il tocco carico di
amore mi da il suo sentire; ed è uno solo, inconfondibile
pronto, chiarissimo.
E il sentire non è ascoltare: è una percezione chiara e sicura
di una cosa che è per me, o è contro di me. L’essere per
me fa fluire e scorrere un piacere: sento che mi piace.
L’essere contro di me, invece, me lo volge in dispiacere. Il
dispiacere, infatti, è dal suo essere contro di me. Ogni
tocco, dunque, ottiene il suo sentire. Ogni sentire si carica
di piacere per me, e si carica di odio contro di me. Tocchi
continui; sentire continuo; peccare continuo: il sentire è la
prima comparsa del peccare.

L'amore di odio...

L’amore di odio. Il sentire dell’amore è piacere e dispiacere.
Piacere: se è per me. Dispiacere: se è contro di me.
È il piacere della morte viva: l’amore di odio.
I tocchi esterni ordinatamente confluiscono tutti al centro della
persona. Questo centro si compone di spirito di amore del
Padre, del suo Agente, ambedue istintivizzati ed egoisticizzati:
informati dell’istinto e bloccati in direzione mia. I tocchi si
immergono nell’amore Paterno, e ognuno si carica di amore
secondo la sua capacità. Poi, in perfetta fusione con l’amore,
emergono. Emergendo, ogni tocco mi dà il suo sentire. Mi fa
chiaramente percepire se la cosa o la persona che mi ha toccato
è per me o è contro di me. Se sento che è per me, il tocco di
amore mi fa scorrere un piacere. Se sento invece che è contro
di me, il tocco di amore mi fa scorrere un dispiacere. Il piacere
è dall’amore per me; e il dispiacere, da dove viene?.
Abbiamo bisogno di una sosta su queste due realtà che si fanno
sempre presenti nel nostro sentire: sento che mi piace, e ne ho
piacere; sento che non mi piace, e ne ho dispiacere.
Guardiamole separatamente, e poi mettiamole a confronto.
1) Quando sento che una cosa o una persona è per me, il
tocco di amore mi fa scorrere un piacere immenso.
Questo piacere è il contenuto specifico dell’amore
Paterno. L’amore Paterno infatti è piacere vero, piacere
grande, è piacere inesauribile, è un piacere insomma che
sa di Paradiso. Il Paradiso lo affermiamo e lo diciamo
noi stessi, oggi più di ieri, perché la corsa ai piaceri oggi
è frenetica, e sembra proprio inarrestabile. Andiamo
pazzi per i piaceri della vita: per quelli che si attingono
dal corpo, e per quelli che si attingono dallo spirito; ma
alla base vi è un grande e inesauribile piacere: quello dell’amore
per me. Il Padre me lo lascia godere tutto, e non
me lo nega mai. Abbiamo la facile impressione che
l’amarci sia vita, che sia vita crescente, che sia vita inebriante
e vita affascinante, e non saremmo mai disposti a
rinunciarvi. Forse però qui c’è un magico inganno. E a
scoprirlo ci aiuta proprio il dispiacere.
2) Quando una cosa o una persona sono contro di me, io
lo sento subito e sempre. È allora che mi si fa l’odio.
L’odio è fatto solamente di morte, e non di morte
morta, come può essere quella di un cadavere; ma di
morte viva, la quale può fare azione, e l’azione che fa è
di morte. L’odio è dunque morte viva dell’amore, pronta
a fare azione di morte su quello che non mi piace.
L’odio così fatto da dove viene?.
3) Siamo al confronto tra amore per me e odio. Se le cose si
dispongono per me, allora scorrono nella linea dell’amore,
e questo mi può dare tutto il piacere che il tocco può
portare. Ma quando le cose contrastano con la linea dell’amore
per me, l’amore mi fa volgere contro: è una
immersione totale che non mi dà più piacere, ma ansia,
timore, paura; e scatena tutto l’amore per me contro il mio
nemico. Allora l’amore per me mi inganna fin quando le
cose o le persone sono in mio favore, ma viene allo scoperto
quando le cose o le persone sono contro di me.
Allora è chiarissimo che l’amore per me non è altro che
odio. E poiché l’odio è morte viva, anche l’amore per me
è odio e morte viva dell’amore Paterno. E questo intendiamo
dire allora con l’espressione: amore di odio. Amarmi
è odiare me e gli altri. Tanto mi amo, altrettanto odio. Tutti
si amano, quindi tutti odiano. Soltanto la falsità ci può far
dire: io non odio nessuno.

Il meccanismo...


L’amore di odio mi vuole grande, mi vuole potente, mi
vuole gaudente.


Satana mi ha confezionato, e la sua confezione funziona

così: ogni tocco esterno arriva al centro della persona.
Si immerge poi nello spirito di amore del Padre, e se ne
carica secondo la sua capacità.
E ne emerge così carico di amore.
a) Da quel momento lo chiamo tocco di amore. E ogni
tocco di amore mi dà il suo sentire.
Se il tocco di amore è per me, sento che mi piace; se
invece è contro di me, sento che non mi piace.
Se sento che mi piace, tutto il suo amore va per quella
cosa o per quella persona. Se sento invece che non mi
piace, tutto il suo amore gli va contro. L’amore contro
non è altro che l’odio.
b) Da questo momento possiamo dunque cominciare a
parlare di amore di odio o di amore di morte.
L’amore per me è tutto odio, è tutta morte viva dell’amore.
In base a che cosa l’amore nel tocco mi dà
quel duplice, diverso sentire?.
Nell’amore Paterno egoisticizzato, c’è una volontà
istintiva.
Per istinto l’amore Paterno mi vuole con alcune precise
qualità, e me le vuole nel modo più assoluto, senza
mai ammettere alcun compromesso, neppure minimo.
1) L’amore di odio mi vuole sempre grande, mai piccolo.
Grande: davanti a me, davanti agli altri e davanti a Dio.
Se non riesce a rendermi tale davanti a me stesso, io mi
rodo di rabbia. Se non riesce a rendermi tale davanti
agli altri, io mi consumo nell’invidia.
Se non riesce a rendermi tale di fronte a Dio, per vendetta
mi fa gridare la mia sconfitta. Ma mi fa falsamente
grande: grande di morte.
Per farmi grande l’amore di odio mi suggerisce qualsiasi
mezzo, ma tutti quanti e sempre di menzogna. Mi
faccio grande dunque con ogni sorta di menzogna. È
evidente che l’amore per me mi vuole grande non per
l’al di là, ma solamente per qui e ora: mi vuole grande
in questo mondo, e in questa vita.
E per questo, mette mano su tutto il bene che è a mia
disposizione.
Più bene abbiamo, e più grandi ci sentiamo. Questo, in
effetti, è il pericolo infernale incombente sulle persone
di Chiesa, e in particolare su noi sacerdoti.
2) L’amore di odio mi vuole potente: è la mia grandezza
che ora può fare tutto ciò che vuole. Grandezza e potenza:
si alimentano a vicenda. È la calamita dell’associazione.
Uniti. Associati per potere quello che da soli non
possiamo.
3) L’amore di odio mi vuole gaudente. Per questo siamo
pronti a tutti i piaceri della vita, e per conseguirli non
trascuriamo mai né la grandezza né la potenza.
L’amore di odio mi forma così come una persona infernale:
grande, potente, gaudente, qui e ora, in questa mia vita.